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06/04/2005 21:03
 
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Mi giravo e rigiravo nel letto non riuscendo a prendere sonno. Era mezzanotte meno un quarto e mia madre non era ancora arrivata. Di sicuro l’aereo aveva avuto un ritardo. A telefono mi aveva detto che aveva un regalo per me da parte di papà…un altro! Ecco tutto quello che mi dava mio padre: soldi e regali a non finire e basta. Era sempre occupatissimo con il suo lavoro, e lo vedevo raramente. Mia madre non mi portava mai a Milano con lei perché temeva che l’aria piena di smog di quella città avesse potuto far male al mio apparato respiratorio già cagionevole di per sé.
Mio padre dal canto suo veniva a Napoli una volta ogni due mesi per pochi giorni. Quando è qui mi porta a cena fuori nel ristorante più in della città, dove è d’obbligo l’abito da sera, e al tavolo cominciamo una delle nostre tipiche non-conversazioni che iniziano con un “Stai bene?” e si concludono con un “ Ti serve qualcosa?”. Da anni, quando mio padre mi porge l’ultima domanda sorrido e scuoto la testa, anche se vorrei tanto dirgli che l’unica cosa che mi serve è un padre…ma è meglio lasciar perdere.
Mio padre mi adora, lo so. Ma adora il suo lavoro più di me. Non posso farci nulla.
Di solito prende l’aereo per Milano in mezza mattinata, quando io sono a scuola, e quando torno trovo sulla mia scrivania una decina di pacchi di varie grandezze con un biglietto di saluti firmato “papà”…eh, si…”papà”; non sarebbe meglio dire “ individuo di sesso maschile che ha fecondato un’ovulo da cui sono nata io?”…”papà” non mi sembra adeguato!
Mi siedo alla scrivania e apro i pacchi lentamente; ci trovo cellulari, gioielli, cd, periferiche per il pc…e tutta roba che costa un bel po’. L’unica cosa che mio padre non mi regala sono i vestiti, perché quelli sono di competenza di mia madre che, avendo una boutique, se ne intende di più.
Mia madre si chiama Clarisse,è una donna stupenda, e ha fatto la modella fino a quando non ha deciso di avere me. Quando ancora sfilava era una delle top-model italiane più pagate. Ora ha una botique d’alta moda in centro e vorrebbe che io intrapendessi la strada della moda…un mondo che non fa per me!
Mia madre storce il naso ogni volta che mi vede addosso i jeans strappati e le magliette con le stampe; desidererebbe che avessi più interesse per il mio aspetto fisico, di cui mi frego altamente.
Però ho più volte sfilato in passerella per farle piacere. In quegli abiti sofisticati e sui tacchi finissimi non mi sento granchè a mio agio, ma mi fa molto piacere vedere il volto di mia madre che si illumina d’orgoglio ogni volta che entro in passerella. Sfilare non mi piace non solo perché si sta sui tacchi, ma anche perché tutte le donne presenti sanno di chi sono figlia, e non la smettono più di indicarmi e lanciarmi occhiate curiose. Mia madre frequenta donne sofisticate per necessità di lavoro, e spesso organizza party per promuovere l’ultima collezione della sua botique. A queste feste è necessaria anche la mia presenza con indosso uno dei modelli più belli di mia madre. Di solito mi aggiro distratta tra i presenti con i capelli raccolti in una sofisticata acconciatura finchè qualche cliente di mia madre, sapendo chi sono, mi ferma e comincia a farmi complimenti per il mio portamento e conclude dicendo che diventerò una modella fantastica… e mi guarda sempre incredula quando rispondo che non è nei miei progetti fare la modella. Quasi come fosse d’obbligo diventarlo solo perché mia madre lo era! Non se ne parla neppure! Non mi dà molto fastidio stare a sentire le signore d’alta borghesia che elogiano ad alta voce le mie doti fisiche, ma quello che odio di più sono gli sguardi invidiosi delle loro figlie sul mio corpo. Non so perché, ma le ragazze giovani d’alta società non sono mai carine. La maggior parte di loro ha un fisico magro per le continue diete e le ore in palestra, ma una struttura ossea alquanto lontana dalla perfezione e lineamenti del viso grossolani, dissimulati dal trucco pesante. Ai party queste ragazze si dividono in gruppetti di due o tre e cominciano a lanciarmi occhiate invidiose e commentare il mio corpo bisbigliando tra loro…è una cosa che mi dà su i nervi! L’ho fatto più volte notare a mia madre, ma l’unica risposta che ho ottenuto da lei è stata che dovrei essere fiera di essere invidiata per la mia bellezza dalle signorine dell’alta società. Figuriamoci se ora mi metto ad andare fiera di essere invidiata da quattro smorfiose dalle facoltà mentali tutt’altro che indiscusse! Quelle lì sanno pensare solo alle diete, al trucco, ai vestiti e al costo dei loro gioielli e non riescono ad articolare un discorso composto da più di tre frasi al presente indicativo! Ricordo che una volta avevo indosso un vestito nero molto scollato sulla schiena, che faceva capire che sotto non portavo reggiseno, nonostante tutto il mio seno se ne stava composto e alto sotto al drappo di fine seta nera e una ragazza sui venti anni si avvicinò a me e, bisbigliando, mi chiese l’indirizzo del chirurgo che mi aveva rifatto il seno. Io non mi ero rifatta il seno, cazzo! Era così naturalmente! Lo dissi alla ragazza, che mi rispose come una che ha mangiato la foglia, non credendo neppure per un secondo alle mie parole, pensando solo che non volevo ammettere che avevo il seno al silicone.
Era per questo che odiavo i party e le sfilate, ma nonostante tutto vi prendevo parte perché erano l’unica cosa che mia madre mi chiedeva di fare.
Odiavo quel mondo di apparenze e ipocrisia e odiavo la mia maledetta bellezza che attirava su di me l’invidia della gente e le aspettative di mia madre. Odiavo quel mio viso perfetto che tante volte, presa dalla rabbia, avrei voluto deturpare con uno sfregio, mancando di coraggio per farlo. Odiavo il mio seno, pieno e tondo, che anche senza sostegni se ne stava sotto i vestiti alto, liscio e fiero. Odiavo il mio ventre magro e i fianchi dalla curva sinuosa e decisa. Odiavo le mie gambe lunghe e scolpite. Odiavo il mio sedere tondo e sodo. Mi odiavo, mi odiavo… o almeno mi ero odiata fino a che non ho incontrato Fede, perché, per quanto lo odiassi, era proprio quello il corpo su cui Fede posava il suo sguardo incandescente. Era quello il volto che gli sorrideva facendolo arrossire impudicamente… forse per questo lo amavo anche un po’! Amavo e odiavo il mio corpo…è una contraddizione! Una cosa difficile da capire,lo so…eppure è proprio così! Ieri odiavo il mio corpo e basta. Oggi lo amo, eppure non ho smesso di odiarlo.



Aprì gli occhi. Mi ero appena svegliata da un lungo sonno, mi sentivo accaldata e mi sa che avevo ancora la febbre. Mi alzai piano dal letto e andai la finestra. Aprii le tende e lasciai che il giorno entrasse nella mia stanza, che il sole mi invadesse il corpo attraverso gli occhi e mi illuminasse con la sua luce pura e ingenua di astro che ci guarda dall’alto, inconsapevole spettatore delle nostre vite…chissà se il sole potesse pensare cosa direbbe di noi umani…che pensiero stupido, lo scacciai dalla mente scuotendo la testa. Ma era così stupido, in fondo?
Uscii dalla mia stanza e vidi mia madre appoggiata al balcone, assorta e sorridente, con la mente chissà su quale passerella… indossava ancora la sua camicia da notte di seta e pizzi color avorio che ricopriva il suo corpo ancora perfetto. La tenue luce dell’alba le illuminava gli stupendi tratti del volto… in quel momento sembrava davvero un quadro degli impressionisti. Aveva un nonsochè di surreale, però, quasi di metafisico… era talmente bella ed elegante da non sembrare vera. Mi avvicinai silenziosamente e le toccai la spalla. Trasalì.
<< Hey tesoro, non ti avevo vista>>
<< Me ne ero accorta…>>
<< Come stai? - E non aspettando la mia risposta mi toccò la fronte – Sei molto calda>>
<< Penso di avere ancora la febbre>>
<< Lo penso anche io>>
<< Credo che sia bene che tu non vada a scuola oggi>>
Risi, non ci sarei andata anche se non fosse stata lei a dirmelo.
<< Come stava papà?>>
<< Come sempre tesoro…lavora troppo, ha sempre la mente su azioni e indici di borsa. Lo hanno assorbito completamente. Oramai non riesce più a fare un discorso di cinque frasi evitando di dire le parole MIBTEL e NASDAQ almeno quattro volte>>
<< Lo so…>>
Mia madre colse la tristezza nelle mie parole e mi accarezzò il viso.
<< Che ne dici se oggi non vado a lavoro e passo la giornata qui con te? E’ da molto che non stiamo un po’ insieme>>
Mia madre che non andava a lavoro per restare con me???? Ma era stupendo!!!!!!!! Anche se io non le parlavo molto di me, mi piaceva stare con mia madre, e lasciavo che fosse lei a parlare. Mi raccontava delle più recenti collezioni degli stilisti più noti e dei problemi che aveva in boutique con le clienti più altezzose e roba di questo genere…e anche se a me questi argomenti non interessavano un granchè ascoltavo con piacere il suono della sua voce e il suo accento elegante. Benchè mia madre fosse l’antitesi del mio modello ideale di donna l’adoravo. Era impossibile non adorarla. Era naturalmente dotata di un carisma e un fascino eccezionale, e tutti ne rimanevano affascinati.
Mia madre andò al telefono per avvisare che quel giorno non sarebbe andata in boutique, e già pregustavo quella giornata in sua compagnia,quando la vidi attaccare con un’aria colpevole e dispiaciuta.
<< Già so cosa stai per dirmi>> Dissi, cercando di nascondere la mia delusione.
<< Tesoro mi dispiace davvero…non ricordavo che oggi venisse in boutique la contessa Van Holpen…lo sai per clienti del genere la mia presenza è d’obbligo ed io…>>
<< Non fa niente, mamma. Ti capisco, sono le esigenze del tuo lavoro. Và pure e non preoccuparti per me, ci sarà Luca a tenermi compagnia>>
<< Già, Luca…non so che fine avresti fatto a quest’ora senza di lui, figlia mia….>>
Aveva ragione…Luca era l’unico apporto affettivo stabile e profondo che avevo, ed era l’unica persona che conosceva la parte più profonda di me, che aveva asciugato le mie lacrime e visto le mie risa… era l’unica persona davvero importante della mia vita. Dove sarei a quest’ora senza di lui? Cosa sarei?
Mia madre mi baciò delicatamente la fronte e corse a preparasi per andare a lavoro. Io ritornai nella mia stanza; guardai fuori dalla finestra e starnutì…chissà cosa stava facendo Fede in quel momento….



Nulla mi piaceva di meno che restare a casa sapendo che Luca era scuola. Non che avessi la cronica necessità che Luca fosse sempre a pochi metri da me, ma avevo il bisogno di sapere che nel caso avessi avuto bisogno di lui ci sarebbe stato…e sapere che lui era scuola mentre io ero a casa mi innervosiva.Molto probabilmente se Luca fosse rimasto a casa sua non sarei andata neppure da lui, ma sapere di non poterlo fare se lo avessi voluto mi dava su i nervi davvero…è un concetto un po’ difficile da capire. Passai la mattinata a cercare di leggere un libro. Dico “a cercare” di leggere un libro perché la mia mente era altrove… era in fondo ad una scogliera con Fede…e già, Federico. Cercai di scacciarlo dalla mente ma non ci riuscii, o forse non volevo riuscirci. Ciò che non volevo ammettere neppure a me stessa era che dipendevo esclusivamente dal ricordo di quella notte. Non riuscivo a capire come avevo potuto resistere quindici anni senza riuscire ad assaporare un ricordo del genere, perché oramai non ne potevo fare assolutamente a meno. Ogni cosa mi riportava alla mente il volto angelico di Fede, il suo tocco sul mio fianco e le sue labbra sulle mie.
Pensavo al suo sguardo e al suo sorriso…chissà se lui pensava ai miei…
Dopo poco capii che era inutile cercare di leggere e decisi di dedicarmi con tutta me stessa all’attività che in quel momento sentivo più necessaria per la mia sopravvivenza: pensare a Fede. Rivivevo quel primo bacio tra di noi come in un dolce replay… se chiudevo e gli occhi e mi concentravo riuscivo quasi a sentire il calore delle sue labbra e gli schizzi di acqua salata sul viso…perché era durato così poco?!?!?!
Con mio grande disappunto lo squillo del cellulare interruppe bruscamente i miei pensieri. Chi era quel gran pezzo di coglione che osava interrompere le romantiche fantasie di una quindicenne innamorata?
Scoprii ben presto che questo coglione era Lucia, una delle mie migliori amiche. Risposi:
<< Lù?>>
<< Hey, Lì! Niente scuola oggi?>>
<< No, ho la febbre>>
<< Anche tu??>>
<< Cosa vorresti dire con quell’ “anche tu?”. Chi altro ce l’ha?>>
<< Guerrieri…>>
<< Guerrieri ha la febbre? Ma non è umana, lei! Non può ammalarsi!>>
<< No, non lei! Il figlio! E’ stata preoccupatissima per tutta l’ora. Ci ha raccontato che il figlio si è ritirato alle otto e mezza di ieri mattina dopo che aveva passato la notte fuori, infreddolito e con la febbre alta>>
No!!! Povero Fede!!!!!! Aveva la febbre anche lui!!!
<< Lì, secondo te con chi l’ha passata la notte il nostro figo preferito???>>
Cosa voleva intendere con quel “nostro”…mi dava maledettamente fastidio sentire chiamare Fede figo da qualche altra ragazza.
<< Non lo so, fatti suoi>>
Finsi di essere assolutamente disinteressata, ma Lucia tornò all’attaco:
<< Secondo me con una ragazza sicuro! Secondo te con quali tipi di ragazze esce Fede, Lì?>>
<< Non lo so, non ne ho idea>>
La situazione si faceva difficile ma le bugie aiutano sempre. In fondo Lucia era una delle mie migliori amiche e avrei potuto dirle la verità, ma preferii tenermi per me il ricordo della notte scorsa, quasi avessi paura che confessandolo a qualcun altro potessi perderlo.
<< Io penso che Fede frequenti le ragazze più grandi di lui, quelle un po’ di facili costumi, che hanno un vocabolario costituito da circa cinquanta parole, tra cui “make up”, “mini gonna” e “tintura biondo platino”>>
Mi venne un po’ da ridere…
<< Su, Lucy…con chi uscirà Federico saranno pure fatti suoi!>>
<< Vero…ciccia l’intervallo è finito, devo rientrare in classe>>
<< Bye>>
Però chissà con che tipi di ragazze usciva di solito Fede…
Il resto della mattina lo passai nella vasca piena di acqua calda… a pensare a Federico, naturalmente.
D’improvviso sentì bussare al campanello…Evviva: era arrivato Luca!
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola che ero nella vasca da bagno, non so se riuscì a sentirmi; fatto sta che uscii e mi asciugai in fretta e furia, e quando andai ad aprire con l’accappatoio addosso era ancora lì.
<< E oggi abbiamo scoperto che anche Lisa Furlan ogni tanto si lava…>>
<< Gnorri…casomai quello che non si lava sei tu!>>
<< Come puoi dire questo! L’ultima volta mi sono lavato è stata a Natale di tre anni fa! Sono ancora pulito!>>
<< Vai in salotto, nel frattempo io mi vesto>>
Mi sentivo molto meglio rispetto al giorno prima, molto probabilmente la febbre era calata. Andai in camera mia e misi il solito jeans strappato e la felpa con la stampa che mia madre tanto disdegnava e andai in salotto da Luca.
Lo abbracciai forte e cominciai a ricoprirlo di baci schioccanti su tutta la faccia.
<< Come mai questa dimostrazione d’affetto, donna d’acciaio?>>
<< Te l’ho già detto che non sopporto che mi si chiami così!>>
<< Dai, vieni qui!>>
E così dicendo cominciò a farmi il sollettico.
<< Vuoi la guerra Luca…E guerra sia!>>
E cominciammo in questo modo a farci la guerra del solletico, arte bellica praticata sin dalla notte dei tempi dai bambini che hanno voglia di divertirsi…io e Luca non eravamo certo più bambini, ma la voglia di divertirci l’avevamo lo stesso. E poi, diciamoci la verità, se tutte le guerre fossero così al mondo tutti soffrirebbero di meno…
Dopo pochi minuti ci allontanammo l’una dall’altro,stremati e felici…si sa che ridere stanca.
<< Luca…>>
<>
<< Te l’ho mai detto che ti voglio bene?>>
<< Quando eravamo piccoli…non me lo ripeti da circa cinque anni>>
<< Bhe, è arrivato il momento di ricordatelo: ti voglio bene e grazie per tutto quello che fai per me>>
<< Io non ti voglio bene invece…>>
Cosa cazzo era quella storia??????
<<…ti voglio tantissimo bene!>>
Ora si!
Guardai Luca senza dire una parola e poi ricominciai a…fargli il solletico!
<< Basta! Basta Lì, per piacere!!!>> disse tra una risata e un’altra.
<< Ti arrendi????>>
<< Alle tue condizioni…qualunque esse siano!>>
<< Allora…siccome sono circa quaranta ore che non mangio e ho tanta fame dovrai cucinarmi il timballo di taglietelle al forno con sugo, piselli e funghi!>>
<< Ma è un piatto complicatissimo!>>
<< E allora io ti faccio il solletico!>>
<< No, no…per carità. Facciamo così: io cucino e tu lavi i piatti>>
<< Non possiamo fare: tu cucini e io mangio??>>
Luca rise.
<< Bhe…allora: io cucino, io e te mangiamo, e poi tu lavi i piatti. Aggiudicato?>>
<< Aggiudicato>>
<< Al lavoro allora>>
Luca si alzò dal divano e andò in cucina, mentre io accendevo la televisione. Sullo schermo vidi le immagini di una scogliera e il mare blu…merda! Era lo stesso posto dove ero stata con Fede!!!


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